La valutazione del bilancio energetico
La grande rilevanza ormai assunta dalla questione energetica nel settore edilizio ha portato, e sta continuando a portare, profonde modifiche non solo in termini di caratteristiche prestazionali medie attese per gli edifici di nuova costruzione, ma anche in termini di una consistente revisione dello stesso processo progettuale. La necessità di conseguire una significativa riduzione dei consumi energetici è percepita dall’utenza come un requisito non più eludibile tanto che la maggior parte degli attori coinvolti nel processo edilizio – dai progettisti ai costruttori, dai produttori agli installatori – si è trovata nella condizione di doversi adeguare, con soluzioni più o meno brillanti, a un approccio più attento a questo tema per mantenere la propria competitività sul mercato.
Quando si fa riferimento a edifici dalle elevate caratteristiche di efficienza energetica si pensa generalmente all’involucro e alle dotazioni impiantistiche: da una parte, a un sostanziale incremento dell’isolamento e dell’inerzia termica, al fine di migliorare il comportamento del sistema di chiusura tanto in regime invernale quanto in regime estivo, dall’altra, a un contestuale impiego di dotazioni impiantistiche ugualmente efficienti, possibilmente integrate a sistemi per lo sfruttamento delle energie rinnovabili. Queste caratteristiche possono trovare applicazione del tutto o in parte a seconda dei risultati che si intendono conseguire e con un livello variabile di efficacia e complessità che dipende in modo stringente dalla concezione stessa dell’intero sistema edilizio.
Nell’ambito della progettazione dei cosiddetti edifici a energia quasi zero, il ricorso a involucri a elevate prestazioni e a sistemi impiantistici integrati viene di norma affiancato da un processo di ottimizzazione della forma e della geometria dell’edificio in funzione dell’esposizione e delle condizioni ambientali del sito con l’obiettivo di sfruttare al meglio eventuali guadagni passivi, effetti di ventilazione naturale e altri accorgimenti volti a ridurre i fabbisogni in fase d’uso. Il risultato in termini di efficienza del sistema, o più semplicemente il decremento dei consumi in fase di esercizio, dipende da una combinazione di fattori che investono le scelte tecnologiche nella loro interezza e che si collocano a monte della fase d’uso, quando cioè l’edificio viene prima concepito e poi realizzato.
Nella maggior parte dei casi, però, la valutazione complessiva del bilancio energetico di un edificio coinvolge la sola fase di esercizio escludendo la quota di “investimento energetico” necessaria per ottenere il sistema edilizio pronto all’uso con quelle specifiche caratteristiche prestazionali. In pratica, viene tralasciata l’energia impiegata per le fasi iniziali del processo, per la costruzione e quella presente nei materiali da costruzione in forma di energia intrinseca, altrimenti nota come embodied energy. Questa condizione non produce effetti di sostanziale rilevanza fintanto che l’energia spesa in fase di esercizio, durante la vita utile dell’edificio, risulta enormemente superiore a quella necessaria per la fase di concezione/costruzione. Questo è, per esempio, il caso di tutti gli edifici realizzati tra gli anni ‘60 e gli anni ‘90 in cui il grande dispendio energetico per il riscaldamento (e poi anche per il raffrescamento) era reso possibile da un costo più contenuto dell’energia primaria.
Con l’aumento del costo dei combustibili fossili e, più in generale, dell’energia primaria, nonché la contestuale maturazione di un approccio più sostenibile e responsabile nei confronti dei consumi energetici, si è assistito a un drastico ridimensionamento del fabbisogno in esercizio che ha di fatto reso comparabili le due grandezze (energia in fase d’uso ed energia in fase di costruzione) in un edificio ad alta efficienza. Ciò impone di considerare nuovi scenari di valutazione e, soprattutto, nuovi approcci progettuali che tengano maggiormente conto dell’equilibrio dei fattori in gioco.(…)
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